Raffinato, bello ed elegante questo grande capolavoro d’arte orafa è un monile pieno di significati e valenze simboliche. Il gioiello secolare Abruzzese è un ciondolo ricco di storia, che affonda le sue radici prevalentemente nella cultura cristiana già da fine Settecento.
Benché le origini poco chiare non permettano una ricostruzione minuziosa, il pendente attesta le prime riproduzioni negli anni a cavallo tra il 1811 e 1816. Tuttavia, i racconti parlano della sua primissima comparsa in un corredo femminile di inizi ‘800. Da qui in avanti si consoliderà come oggetto di buon auspicio presente (appunto) nei beni di una ragazza.
Considerato il regalo più bello fatto alla donna amata, rappresenta il simbolo d’eccellenza di quelli che sono i momenti più importanti della sua vita. La lavorazione, a discrezione del maestro orafo, può avere tante varianti e, anche se oggi in prevalenza le riproduzioni sono un po’ standardizzate, il monile a partire dal luogo d’appartenenza, è appariscente con i suoi cordoncini, riccioli, spirali e spesso (ma più raramente) arricchiti con pietre preziose. Ciò che resta uguale, per rispettare fedelmente la tradizione è il motivo centrale: una stella che al centro custodisce il “messaggio” del dono.
Presentosa, infatti, deriva da “presente, dono” ed è un messaggio di buon auspicio, che cambia a seconda di chi compie il gesto. Sul modello base ricorrente, si trovano nel disegno in filigrana d’oro (o d’argento) dei triangoli con le punte verso l’esterno – una stella appunto – che al centro corollata da un cerchio, racchiude uno o due cuori. Ma non è tutto.
Il gioiello secolare: simboli e diffusione
Il simbolo centrale, che cambia, ha come unico scopo un “annuncio” differente. Nella fattispecie, un cuore solo, indica l’affetto, la stima e un segno di riconoscenza verso la donna. Diversamente i due cuori intrecciati da un nastro a forma di mezza luna, che quasi li protegge dall’alto, sono il simbolo del “Pegno d’Amore” che il fidanzato fa alla fidanzata. Il nastro a mezza luna ha un doppio significato. Uno legato alla dea Diana, simbolo di vita, fertilità e verginità consacrata.
L’altro si lega all’immacolata Vergine Maria, alla sua castità e purezza. Inoltre, fra i simboli del secolo scorso, spiccano monili con al centro una nave; in questo caso era il padre della donna a regalarlo alla figlia come augurio di una vita prospera e felice. Mentre alle bambine che si apprestavano a fare la prima comunione, veniva regalata una presentosa che al centro raffigurava una colomba, l’allegoria dello Spirito Santo.
Una delle primissime botteghe ad occuparsi di questo gioiello si trovava ad Agnone, un comune italiano in provincia di Isernia (Molise). All’epoca ancora sotto territorio abruzzese.
Poi la produzione passò ad altre città come Guardiagrele (nella provincia di Chieti). Oggi, si stima che le botteghe più famose (a detta di tanti le migliori) sono a Pescocostanzo (AQ), Scanno (AQ), Sulmona (AQ) e la stessa Guardiagrele che ha mantenuto intatta, nel tempo, la sua tradizione.
Oggigiorno, la produzione, vede il monile replicarsi in varie misure; montato anche su orecchini, bracciali, e anelli (più raramente). Ma ciò che non è cambiato è l’incarnazione simbolica che lo stesso oggetto è atto a rappresentare. Una valenza brulicante di significati che partono dalla protezione della persona, agli affetti più cari; fino a significati scaramantici ricollegabili al buon auspicio o malasorte che dir si voglia.
Curiosità
Stando a quanto raccontano alcuni storici locali, il disegno si ispira al famoso rosone della basilica di Santa Maria di Collemaggio (AQ), a quanto pare per via dell’oculus (l’occhio della fede che rifulge e si espande di luce) con chiaro riferimento alla buona sorte di colei che lo indossa e di colui che l’ha donato.
Infatti, essendo considerato in prevalenza un potente talismano contro le ostilità della vita, l’uomo che lo dona come pegno d’amore e fedeltà sarà a sua volta protetto contro la sfortuna o il malaugurio.
Durante il G8 dell’Aquila nel 2009, Giovanni Chiodi fece creare appositamente delle presentose dall’orafo Paolo Mazzeschi, in dono alle first Lady dei capi di stato come ricordo dell’evento. Tuttavia, colui che divulgò e pubblicizzò agli albori, questo gioiello secolare, fu il poeta-scrittore Gabriele D’annunzio nell’opera Il trionfo della Morte:
“Portava agli orecchi due grevi cerchi d’oro e sul petto la Presentosa: una grande stella di filigrana con in mezzo due cuori”.
Si ringrazia Rosati Antonietta per le foto.