Maria Simone, aveva una veste color azzurro carta da zucchero; un vestito estivo di tela color bianco a pallini blu. E poi un altro di tela bianca e rossa a strisce incrociate; una sottoveste nera, altri capi di biancheria intima. Possedeva anche un fazzoletto con la scritta «Buenos Aires», una boccetta di brillantina, una borsa di tela cerata color marrone, un libretto al portatore della Cassa di Risparmio Marrucina intestato al padre Florindo Simone e contenente risparmi per lire settantamila. Questa la dote con cui la piccola sartina Maria Simone fuggì il 23 di maggio dal suo paese di Ortona a Mare, con la speranza nel cuore di sposare l’uomo che amava.
All’epoca, poco più che sedicenne, conobbe Antonio Italiano, e si lasciò sedurre. Era il marzo 1955; fra i due era nata una relazione segreta e la ragazza, dopo qualche tempo, scoprì di aspettare un bambino. Cominciò a chiedere al fidanzato di trovare una soluzione. L’obiettivo era un matrimonio riparatore. Maria, sollecitò più volte l’amato. Desiderava che si presentasse a casa per la richiesta di matrimonio, così Antonio acconsentì a fissare un giorno: il 23 maggio dello stesso anno.
Brillantina, il delitto di Maria Simone
Antonio Italiano, non era intenzionato a sposarsi. Purtroppo Maria, era ben lontana dal pensare che questi voleva semplicemente divertirsi, approfittandosi di una giovane graziosa e un po’ ingenua. Così quest’ultimo, chiese aiuto ad un amico: ed ecco entrare in scena Marino De Luca, che gli assicurò di risolvere ogni cosa in breve tempo. Avvicinò la ragazza e la convinse a seguire un’altra strada: “la fuga d’amore”. Si gettarono le basi per un viaggio verso Torino, precisamente ad Alba, dove De Luca era riuscito, tramite interessamento politico, ad ottenere un posto di usciere presso il tribunale. La ragazza avrebbe fatto la sarta e il fidanzato avrebbe continuato a fare il corridore, diventando un futuro campione. Poi Marino, con il suo stipendio da impiegato li avrebbe aiutati a portare avanti il loro sogno d’amore.
La ragazza credette alle parole di De Luca e, su suo consiglio, prelevò dal libretto di risparmio, intestato al padre, sessantamila lire. La mattina del 23 maggio partì da Ortona a bordo di una corriera, diretta a Pescara con il suo fidanzato. Arrivati in città, noleggiarono un taxi e si fecero condurre alla pineta di Montesilvano.
Poco dopo li raggiunse il De Luca su una moto e, a seguito di un breve colloquio, i due giovani decisero di mettere in atto il delitto della povera Maria. Fu strangolata con la cinghia dei pantaloni. Il suo corpo abbandonato lì, in balìa delle intemperie. Per sviare le indagini i due assassini misero nella mano sinistra della vittima la sua boccetta di brillantina, per far credere a un suicidio per avvelenamento. Il rinvenimento del cadavere della ragazza avvenne casualmente, fu trovata dal carrettiere Emilio D’Alberto, il primo giugno.
Il telegramma
Il 24 maggio Marino De Luca si trasferì ad Alba, dove avrebbe dovuto prendere servizio come usciere al tribunale. Tre giorni dopo, dicendo di essere indisposto, si recò a Torino presso una lontana parente, Giuseppina Galletti. Durante la sua assenza Antonio Italiano, preoccupato per l’andamento delle indagini, gli spedì un telegramma, indirizzandolo al tribunale di Alba:
«Lavoro fatto tutto male. Se ti interrogano, nega».
In assenza del destinatario, il telegramma fu aperto e fu sufficiente per incriminare il De Luca. Dopo un interrogatorio, protrattosi per 12 ore, anche Antonio Italiano crollò e confessò di avere ucciso la ragazza per portarle via i risparmi e per evitare che fosse messa in pericolo la sua futura carriera sportiva per via dello stato interessante della giovane.
Durante il primo processo Marino De Luca e Antonio Italiano si accusarono a vicenda di essere gli esecutori materiali del crimine; furono condannati a 30 anni. Il P. M. ricorse in appello perché furono concesse agli assassini le attenuanti generiche, la difesa per richiedere che il De Luca fosse assolto per insufficienza di prove e, infine, che fosse sottoposto a perizia psichiatrica.
Durante l’ultima udienza richiesta dal P. M. ad entrambi fu dato l’ergastolo per omicidio premeditato. I genitori della ragazza, ignari di tutto, appresero durante il processo della presunta relazione che legava la figlia a Italiano. Tuttavia, dissero di aver sospettato il peggio la sera del 23 maggio, quando la ragazza non rincasò; notarono anche la scomparsa del libretto di risparmio che era custodito nel materasso. La storia triste della sartina di Ortona, si conclude qui, insieme al sogno di una piccola donna che voleva solo sposarsi.
by M. D. L.