Ferite Croniche e Medicazione in Biopolimero

Ferite Croniche e Medicazione in Biopolimero

Recentemente, al policlinico SS. Annunziata di Chieti, è arrivato il Robot Da Vinci, uno strumento avanzato di tecnologia innovativa salvavita, noleggiato dalla struttura per cinque anni. Questo grande passo avanti, è segno di una ricerca, uno studio e un’innovazione all’avanguardia che permetterà di fare grandi passi da gigante nel campo medico, con l’evidente possibilità di migliorare la salute generale dell’individuo ma soprattutto dare la possibilità a studenti e professionisti di affinare le loro capacità. A tal proposito e, sulla stessa riga, si muove un nuovo tipo di Medicazione in Biopolimero atta a curare le ferite croniche considerate, in molti casi letali.

Medicazione in Biopolimero: il rimedio per le ferite croniche

Una notizia, questa, che sta facendo il giro del web e riguarda una medicazione che garantirebbe una guarigione immediata. In tutto il mondo, ci sono tantissime persone che soffrono di ferite persistenti e potenzialmente pericolose per la vita. Basti considerare che a causa di lesioni croniche, decine di milioni di pazienti subiscono anche gravi amputazioni. Certamente, esistono dei trattamenti a scopo cautelativo, tuttavia, il costo di queste cure non è sempre alla portata di tutti, per non considerare che, troppo spesso questi rimedi non sono tempestivi.

A questo proposito, la svolta arriva da un ricercatore della Michigan State University che sta guidando un team internazionale di scienziati per sviluppare una medicazione biopolimerica pratica e a basso costo, che aiuterebbe a guarire questa tipologia di ferite.

Le tecnologie efficienti esistenti sono troppo costose per la maggior parte dei sistemi sanitari, limitando notevolmente il loro uso in modo rapido“. Dichiara Morteza Mahmoudi, un assistente professore del Michigan State University College of Human Medicine e del Precision Health Program. “È necessaria una tecnologia economicamente accessibile, pratica ed efficace”.

Per sviluppare questa nuova tecnologia, il Dr. Mahmoudi ha usufruito di anni di esperienza e competenza, avendo studiato i materiali avanzati per guarire il tessuto cardiaco, combattere le infezioni e sostenere il sistema immunitario. Ciò nonostante, l’équipe, ha anche tenuto d’occhio i costi, lavorando per sviluppare un prodotto alla mano; ovvero un rimedio disponibile al maggior numero possibile di pazienti, anche in zone con risorse limitate.

Il mio obiettivo è sempre quello di fare qualcosa che funzioni e sia pratico“; ha aggiunto Mahmoudi. “Voglio vedere la mia ricerca trasformarsi in prodotti clinici che aiutino i pazienti”.

La Cura 

Con il suo ultimo lavoro, pubblicato il 19 luglio nella rivista Molecular Pharmaceutics, il primo ricercatore si sta avvicinando a quest’obiettivo. Sta lavorando con partner nel Regno Unito, e con loro ha avviato una società per supervisionare lo sviluppo e l’approvazione della nuova tecnologia.

Stiamo mettendo in piedi un team esperto e competente nel Regno Unito che sarà in grado di commercializzare in modo efficiente la medicazione“. Afferma Mahmoudi. “L’azienda ha appena vinto una sovvenzione Eurostar molto competitiva per accelerare lo sviluppo del prodotto”.

Lavorando con i suoi collaboratori, Mahmoudi ha condotto una piccola “prova pilota” della medicazione, con 13 pazienti aventi lesioni profonde. I volontari con ferite croniche avanzate – cioè quelli che non rispondono alle terapie tradizionali – sono stimati in oltre 45 milioni a livello globale, rendendo questo uno dei bisogni sanitari più pressanti e urgenti del mondo.

Si stima che più del 90% delle vendite di tecnologie “attive” per la cura delle ferite avviene negli Stati Uniti. Infatti, la nazione rappresenta circa il 5% sul totale. Ciò significa, in sostanza, che il resto del mondo è tagliato fuori.

Le ulcere venose delle gambe e le ulcere da decubito – associate all’immobilità nei pazienti anziani e paralizzati – sono anche le cause principali delle ferite croniche. Però, gli esempi più noti di questo tipo di lesioni, sono le ulcere del piede diabetico. In tutto il mondo, ci sono più di 400 milioni di persone che vivono con il diabete. Alcuni studi hanno stimato che fino a un quarto di questi pazienti svilupperà ulcere del piede durante la loro vita.

Altre problematiche

Anche con l’alto livello di cura disponibile negli Stati Uniti, più del 30% dei pazienti che sviluppano un’ulcera del piede diabetico, morirà entro cinque anni dalla sua comparsa. Una percentuale preoccupante, in quanto risulta più alta del cancro al seno, della prostata e del cancro al colon.

Le ulcere del piede diabetico illustrano anche molte delle ragioni per cui le lesioni croniche possono essere così difficili da trattare. I pazienti con diabete possono avere a che fare con un flusso sanguigno limitato e altri fattori che rallentano la loro risposta immunitaria, compromettendo la capacità del corpo di guarire la ferita da solo. Inoltre, possono presentare danni ai nervi che attenuano il dolore della ferita e possono indurre i pazienti a pensare che tutto ciò non sia grave, ritardando la ricerca del trattamento.

Quando le ferite guariscono più lentamente e rimangono aperte più a lungo, i batteri hanno più opportunità di causare infezioni e portare a gravi complicazioni.

Le ferite croniche sono tra le cose più complicate che i medici devono trattare”. Spiega il Dr. Mahmoudi. “Se si vuole fare una medicazione che funzioni, deve affrontare tutti questi problemi. E per essere rilevante per la maggior parte dei pazienti nel mondo, deve essere anche facile da usare, pratica e poco costosa“.

Ci sono molte tecnologie disponibili per supportare la guarigione nelle ferite croniche,. eppure quelle che possono stimolare la rigenerazione dei tessuti sono tipicamente derivate da tessuti naturali raccolti. Questo è complesso e costoso, con il risultato di prodotti che costano intorno alle 1.000 euro,. mettendoli fuori dalla portata di molti pazienti e sistemi sanitari.

Il Progetto

Per affrontare questi problemi, Mahmoudi ha sfruttato la sua grande esperienza nello sviluppo di nuovi materiali per applicazioni biomediche. Progettando un prodotto che può essere fabbricato da biopolimeri facilmente disponibili;. i costi di produzione possono essere mantenuti bassi, e il team potrebbe aggiungere vari altri materiali per portare a una migliore guarigione.

Il progetto inizia con una struttura flessibile di nanofibre – fili estremamente sottili – di polimeri naturali”. Continua il ricercatore. “Tra cui il collagene, una proteina di supporto strutturale che si trova nella nostra pelle e nella cartilagine. La struttura fornisce un’impalcatura tridimensionale che favorisce la migrazione delle cellule e lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni, replicando essenzialmente la funzione della matrice extracellulare, il sistema di supporto naturale presente nei tessuti sani e viventi. È importante che le proprietà fisiche e meccaniche della medicazione siano davvero vicine a quelle della pelle“, prosegue Mahmoudi. “Per guarire, le nuove cellule devono sentirsi come se fossero a casa loro“.

In questo quadro, il team può incorporare proteine, peptidi e nanoparticelle che non solo stimolano la crescita di nuove cellule e vasi sanguigni, ma combattono anche i batteri incoraggiando il sistema immunitario del paziente a unirsi alla carica. La medicazione si degrada anche nel tempo, il che significa che nessuno dovrebbe cambiarla o rimuoverla e potenzialmente aggravare il punto in cui si trova la ferita. E a circa 20 euro l’una”.

Il professor Morteza Mahmoudi, ritiene che le medicazioni – se e quando approvate dalle agenzie di regolamentazione. – saranno accessibili anche ai sistemi sanitari con risorse limitate che devono trattare queste gravi ferite.

Conclusioni

Anche se ci sono molti prodotti esistenti per la cura delle lesioni,. Mahmoudi è ottimista sul fatto che la nuova medicazione si distinguerà grazie al suo basso costo,. alle alte prestazioni e a un altro pezzo di ricerca che ha fatto anni fa. Per questo progetto precedente, però, non stava sviluppando nessuna nuova tecnologia. Stava intervistando centinaia di operatori sanitari negli Stati Uniti, chiedendo loro cosa volessero e di cosa avevano bisogno in una medicazione.

Abbiamo sviluppato questa medicazione per risolvere i problemi che avevano. Uno dei medici mi ha detto: Quando vedi troppi prodotti sul mercato, significa che nessuno di loro funziona”. Conclude Mahmoudi

(Le esperienze del team su questi elementi sono state documentate in pubblicazioni precedenti in Nature Nanotechnology e Trends in Biotechnology).

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